LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha pronunciato la seguente decisione sul ricorso di Di Girolamo Maria contro il secondo ufficio registro atti pubblici di Roma. Oggetto: Esenzione Invim. Con ricorso depositato il 6 dicembre 1985 Maria Di Girolamo esponeva di aver venduto con atto del 25 febbraio 1983, registrato a Roma il 17 marzo 1983 al n. 12727/1A, un appartamento in Roma per il prezzo di L. 89.000.000, chiedendo l'esenzione dall'Invim ai sensi dell'art. 3, secondo comma, della legge 22 aprile 1982, n. 168, fino alla concorrenza della somma di L. 68.000.000, da reinvestire nei termini di legge nell'acquisto di altro appartamento in Roma; che tale investimento era in effetti avvenuto con pagamento da parte sua dell'Invim sull'importo costituente la differenza tra il valore poi accertato e resosi definitivo (L. 119.250.000) e il prezzo dichiarato; che peraltro l'ufficio del registro, accertato che la somma reimpiegata nell'atto di acquisto risultava inferiore a quella dichiarata nell'atto di vendita, aveva liquidato l'imposta di cui sopra sull'intero valore, applicando altresi' le penalita' previste dalla legge; che il relativo avviso di liquidazione era illegittimo, in quanto l'interpretazione seguita dall'ufficio contrastava con lo spirito della legge; che, diversamente opinando, la norma doveva ritenersi costituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. L'ufficio non controdeduceva. Cio' premesso, la commissione osserva che l'art. 3 citato, subordinando la permanenza del beneficio di cui trattasi alla condizione che il corrispettivo "venga destinato interamente all'acquisto", non e' evidentemente suscettibile di interpretazione diversa da quella seguita dall'ufficio. Peraltro l'eccezione di incostituzionalita' sollevata dalla ricorrente non appare manifestamente infondata. Sembra infatti contrastare con l'art. 3 della Costituzione da un lato il diverso trattamento, che non trova alcuna razionale giustificazione, usato dalla legge in esame nei confronti dei contribuenti meno abbienti, che per acquistare un immobile confacente alle loro esigenze sono costretti, per usufruire dell'agevolazione di cui trattasi, a spendere per l'acquisto una somma superiore a quella ricavata dalla vendita: il che si verifica, per ovvi motivi, anche se l'appartamento acquistato ha l'identico prezzo di quello venduto; e dall'altro la previsione, anch'essa irrazionale, di una identica sanzione, e cioe' la totale decadenza dal beneficio, sia per chi reimpiega gran parte (come nel caso in esame) o quasi tutto il corrispettivo conseguito, sia per chi lo reimpiega solo in minima parte o non lo reimpiega affatto. E' indubbia la rilevanza nella specie della detta questione di costituzionalita', in quanto il ricorso potra' eventualmente trovare accoglimento solo nel caso di dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 3 citato.